Introduzione

Nel primo capitolo ho cercato di ricostruire le tappe fondamentali della formazione scientifica e delle numerose attività svolte da G. C. Ferrari nell’arco delle sua vita.

Analizzando quella che è stata la vita di G. C. Ferrari e, dovendo riassumerne la caratteristica principale in una parola, la definirei come una vita fatta di “incontri”voluti e casuali. Da questo punto di vista ho scelto il suo ingresso al manicomio di Reggio Emilia per la grande importanza che questa esperienza ebbe nella formazione scientifica dello psichiatra reggiano, mettendo particolarmente in risalto gli “incontri” che in maniera significativa hanno poi influenzato gli studi e le attività in cui i contribuiti di Ferrari furono più significativi: la scoperta, lo studio e l’applicazione del metodo sperimentale, lo studio dei mentaltests presso lo studio di Binet a Parigi e la successiva apertura di un laboratorio simile a quello dello studioso francese presso il manicomio di Reggio Emilia in cui Ferrari per la prima volta applicò i test agli alienati.

La ricerca mi ha poi portato a delineare gli effetti di un altro grande “incontro”, avvenuto sempre a Parigi, con i Principles di W. James. Effetti che in questo caso andarono ad influenzare profondamente la visione di Ferrari a livello sia psicologico sia filosofico.Con la scoperta della filosofia e della psicologia jamesiana la formazione scientifica di Ferrari si può considerare praticamente conclusa ma non altrettanto si può dire per le conseguenze che le influenze sopra descritte determinarono nel campo pratico e nello sviluppo di teorie elaborate grazie allo studio in fieri. Infatti uno degli aspetti più interessanti della attività svolta dallo psichiatra reggiano è proprio quella nel campo delle applicazioni pratiche dove diede vita ad opere innovative e a cambiamenti notevoli soprattutto in ambito psichiatrico, frenastenico e dell’infanzia anormale. Da qui la mia scelta di analizzare la “ricetta” di Ferrari per la riforma dei manicomi e le innovazioni da lui apportate all’istituto medico pedagogico di Bertalia. Ripercorrere la vita di Ferrari, significa, però, soprattutto ricucire i fili del suo rapporto con la psicologia. Un interesse quello per la psicologia quasi innato in lui, stando all’Autobiografia, e che è mutato profondamente grazie alle influenze di Binnet e James. Nel primo capito partendo dal manicomio di Reggio Emilia, passando dalle influenze di Binet e James all’esperimento di Bertalia e alla fondazione della «Rivista di Psicologia» fino alle battaglie svolte da Ferrari per difendere e inserire lo studio della psicologia nelle Università e nelle Scuole Medie, si delinea la concezione e l’idea applicativa che Ferrari aveva per la psicologia stessa.

Nella prima parte del secondo capitolo ho tracciato il percorso che ha portato alla nascita della scienza dell’infanzia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento con un particolare occhio di riguardo per la situazione italiana dove a dare l’impulso allo studio dell’infanzia erano state l’igiene e l’antropologia. Da qui ho poi ripercorso le tappe fondamentali che hanno successivamente portato la scienza dell’infanzia ad interessarsi dell’infanzia anormale e come la sua diffusione in Italia sia avvenuta grazie al profondo legame di “amicizia” con un nutrito numero di alienisti che in quegli anni si interessavano della infanzia anormale. In questa parte mi sono avvalsa del lavoro di studiosi che negli ultimi anni si sono dedicati allo studio della nascita della psicologia dell’infanzia in Italia, soprattutto quelli di V.P. Babini. La scelta di riproporre questi studi ha una doppia motivazione: da un lato ho ritenuto opportuno farlo sia per proporre il percorso che ha portato Ferrari allo studio dei giovanetti  criminali sia perché la Colonia libera è stata un esperimento per la rieducazione oltre che dei giovanetti criminali anche dei deficienti; dall’altro proprio quegli studi sono stati l’ispirazione di questo lavoro. Infatti le ricerche effettuate sottolineano un crescente interesse da parte della psicologia dell’età evolutiva e dei suoi fautori per la questione della delinquenza minorile ma li si arrestano. Da qui la mia decisione di approfondire l’argomento studiando uno degli esperimenti più innovativi dei primi del Novecento in Italia.

Nella seconda parte del capitolo ho cercato invece di ricostruire:  la complessità della questione della criminalità minorile e le ragioni del grande interesse che tale tema riscuoteva da parte di avvocati, pedagogisti, psichiatri e psicologi  dando particolare rilievo a quei temi che direttamente o indirettamente andavano ad influenzare la questione della criminalità minorile, della sua prevenzione e soprattutto della sua educazione, quali: i minori e il Codice penale, le cause, le problematiche e la necessità di una classificazione e i Riformatori e le varie forme di assistenza dei delinquenti.

Nel terzo capitolo sono entrata direttamente nel merito di quello che Ferrari nell’Autobiografia definiva la sua migliore e più felice applicazione pratica della psicologia: l’esperimento della Colonia libera dei deficienti gravi e dei giovani criminali. Un’ampia e dettagliata descrizione di tale esperimento e del metodo terapeutico adottato è il fulcro attorno al quale ruota tutto il terzo capitolo secondo una scelta che ho ritenuto necessaria al fine di evidenziare le peculiarità che hanno reso l’esperimento di Ferrari unico e assai innovativo per quel periodo. Descrizione che, riprendendo la divisione scelta dalla Francia nel suo articolo sulla Colonia libera, è suddivisa in tre parti nelle quali vengono descritte e presentate le esperienze e i risultati più interessanti ottenuti nella villa: l’educazione morale, il lavoro come mezzo curativo e l’educazione intellettuale attraverso la vita sentimentale.

La colonia era nata dal desiderio di Ferrari di poter conoscere e studiare la psicologia dei giovanetti criminali e di poter verificare in maniera empirica la validità della sua tesi secondo la quale vi era un parallelismo sociale e biologico fra i frenastenici e i giovanetti criminali, ma era anche il frutto degli studi e delle convinzioni che aveva maturato nel corso degli anni riguardo alle cause, alle classificazioni, alle carceri alle leggi e ai metodi di assistenza applicati nel campo della delinquenza minorile. Una visione completa dell’esperimento richiedeva a mio avviso un approfondimento di questi temi che ho esposto come arricchimento della descrizione dell’esperimento vero e proprio.

Per il ruolo centrale giocato nel metodo terapeutico, per l’innovazione che rappresentava e anche per la definizione non molto chiara che lo stesso Ferrari ne forniva nei suoi scritti, un’attenzione particolare e un ulteriore approfondimento meritava il concetto di inconscio.